Una vecchia mi disse: «Non esiste il brutto tempo»
Nulla finisce e tutto ricomincia. Shuki, il senso dell'autunno
C’è l’estate e poi, finalmente, arriva l’autunno. Se esistesse un autunno tiepido, io fermerei il tempo lì. Rallentare. Non sopporto la fretta e allora, finalmente, mi chiudo in casa e sento il mio respiro, il mio ritmo naturale.
Guardo la natura, mi fido di lei più di chiunque altro. Fine del Sole abbagliante, mistificatore; fine dei luccichii.

Forno e fornelli accesi, la prima zucca, le tisane della mattina, del pomeriggio e della sera, i film, le candele accese, la trapunta cercata al buio di notte e buttata sopra le lenzuola. Andare a letto presto, svegliarsi presto per godersi il buio silenzioso e scrivere. Prendersi il tempo. Rispondere con più attenzione, lasciare fuori il caos degli altri. E cercare di spingere fuori anche il mio. Costruire un regno di pace per l’inverno. Sono ricominciati i corsi, tempo di studio.
Una vecchia contadina mi ha detto che non esiste il brutto tempo.
Esistono le stagioni che fanno tutto quello che serve in quel momento: «Hai visto - mi diceva - quanto sono caldi i colori dell’autunno? Quanto giallo c’è sugli alberi, nei prati, nel piatto? La luce calda dei raggi bassi del sole? L’hai vista? Ed è tutto gratis». Il giallo è il colore dell’energia, della gioia, mi ha detto, e la natura ce lo offre in abbondanza, prima del lungo inverno.
Non esiste il brutto tempo e non termina quello bello: nulla finisce, si ricomincia.
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Un’amica mi ha augurato: «buoni primi passi autunnali». Un’altra: «buon autunno». Sono fortunata.
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Lo Spazio Amato di settembre è questo, è dove sono. Sono stata così tanto in movimento, che ora mi sento bene solo da ferma. Qui seduta alla mia scrivania, guardando i rami degli alberi fuori dalla finestra che iniziano a spogliarsi. L’autunno è arrivato presto: inizia un nuovo giro della spirale. Nulla finisce, si ricomincia.
Dovremmo imparare dai giapponesi che celebrano lo scorrere del tempo cambiando le decorazioni in casa, usando servizi di piatti diversi, alzando lo sguardo per osservare le piante. Questa settimana ho scritto per Orlando Magazine dell’artista Laura K Reeder (qui un’anteprima, diciamo) che crea labirinti nell’ambiente, solcando il suolo. E li chiama Cultivator. Camminare per ritrovare una via di comunicazione con la natura, camminare per alzare lo sguardo dagli schermi dei nostri telefoni e per farlo a testa alta, non per orgoglio, ma per guardare (davvero) il mondo e riattivare un rapporto con lui. Spirali nate da un continuo peregrinare meditativo sul suolo, senza una pianificazione, con lo scopo di esplorare i confini, il potere e la coesistenza di uomini e natura. In una parola, la vita.
«Quando la natura e la vita quotidiana si allineano, è possibile camminare, disegnare e connettersi».
In Giappone è tutto un susseguirsi di incursioni della natura, di fenomeni atmosferici, fiori e trascorrere delle stagioni nelle conversazioni. La gheisha che ho incontrato a Kyoto danzava sulle note di una canzone intitolata Pioggia di primavera, la mia guida Shin mi ha parlato di un modo di dire traducibile con «mangiamo i colori», mi ha spiegato anche come i giapponesi trasformino le case in base alla stagione (un po’ come noi facciamo a Natale) e come siano particolarmente attenti ai cambiamenti atmosferici: li osservano e ne godono «sai, tutto ciò che è naturale crea sentimento». Mi ha detto così il primo giorno che ci siamo incontrati, l’ultimo mi ha regalato una preghiera.
L’autunno è la stagione del conforto, dell’appetito, della lettura e del raccoglimento. I giapponesi hanno una parola per descrivere tutto questo, shuki, il senso dell’autunno.
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Le news più interessanti che ho letto
La scorsa volta, avevo inserito qui un articolo del Time in cui si parlava di come i social network avessero cambiato il nostro modo di viaggiare. Citava gli studi di un ricercatore: l’ho contattato e l’ho intervistato. A me ha spiazzato; è molto frustrante pensare che si viaggia soprattutto per costruirsi un’identità. «Dimmi che Paesi hai visitato e deciderò quanto vali». Ma non funziona così.
Il NY Times racconta Dostoevskij attraverso tre città termali tedesche. Il romanziere russo, giocatore compulsivo, perse tutto nelle opulente città termali (che erano anche mete dove si giocava d’azzardo) di Baden-Baden, Bad Homburg e Wiesbaden. Una bella storia da leggere una domenica pomeriggio d’autunno.
Rimaniamo sul Giappone, la Japan Airline - racconta Euronews - per contrastare il turismo di massa, offrirà voli interni gratuiti ai viaggiatori stranieri. Per ora l’Italia non rientra negli Stati per cui è prevista questa promozione, ma teniamo d’occhio. Legandomi a quello che mi ha detto Sean Smith nell’intervista, perché andiamo tutti negli stessi posti?
Fine. Accendo le candele e apro il libro. Sto leggendo La via selvatica di Adriano Favole, libro ideale da leggere in autunno. Parla dell’importanza dell’incolto. Che poi cos’è l’incolto e perché in italiano ha un’accezione negativa questa parola? E dell’importanza di una riconnessione tra vita umana e altre forme di vita. Abbasso l’Antropocene!
No, un’ultima cosa. A proposito di Antropocene. A Venezia quest’anno ho visto un film che si intitola Bestiari, erbari, lapidari, un film saggio di due autori italiani che lavorano sulle domande più frequenti che ci pone la realtà contemporanea. Potete leggere una loro intervista sul Manifesto e il documentario uscirà nelle sale il 5 ottobre. Armatevi di pazienza: dura 3 ore e 20 minuti, ma è un’opera poetica, in tre atti, che parla dell’umano e della sua relazione con la natura.
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